giovedì 23 aprile 2009

martedì 21 aprile 2009

Il sacrosanto diritto di criticare la religione

Dal blog "Pedestrian Infidel", raccolgo la segnalazione di questo articolo apparso sull'" Independent", il 27 Gennaio 2009, che porta la firma di Johann Hari.
Al pari degli autori di "Pedestrian Infidel", tengo a precisare che non non condivido tutto quello che l'articolo dice, ma in generale la questione - grave - è innegabilmente sotto gli occhi di tutti.
Di tutti quelli che vogliono vedere, naturalmente.

"Il diritto di criticare la religione viene lentamente immerso nell'acido. In tutto il mondo, i piccoli, graduali progressi fatti dal secolarismo - che ci dà lo spazio di dubitare, di farci domande e formulare le nostre opinioni personali - vengono ributtati indietro dalle pretese bellicose di "rispetto" nei confronti della religione. Un punto di riferimento storico è appena stato passato, mostrandoci quanto in là siamo stati spinti. Il Rapporteur ONU che dovrebbe essere il guardiano globale della libertà di espressione, si è ritrovato con un nuovo impiego - al fianco dei censori religiosi.


La Dichiarzione Universale dei Diritti dell'Uomo dichiarava, sessant'anni fa, che "un mondo dove esseri umani possano godere della libertà di espressione e credo è la più alta aspirazione della gente comune." Era una specie di "Magna Charta" per il genere umano - detestato da chiunque violasse i diritti umani sulla terra. Oggi la dittatura cinese lo definisce "occidentale" [lo definì così anche Khomeini, ndG], Robert Mugabe lo definisce "colonialista", Dick Cheney, "sorpassato". Le nazioni del mondo hanno cronicamente fallito nel tentativo di rispettarla - ma il documento è stato mantenuto dall'ONU come lo standard fondamentale con il quale misurarci. Fino ad ora.
A cominciare dal 1999 una coalizione di tiranni islamici, guidati dall'Arabia Saudita, ha preteso la riscrittura delle regole. La pretesa di ciascuno di essere in grado di pensare e parlare liberamente era una mancanza di "rispetto" nei confronti delle "sensibilità particolari" dei religiosi, dissero - così promulgarono un'alternative "Dichiarazione Islamica dei Diritti Umani". Viene dichiarato che si gode della libertà di parola nei "limiti segnati dalla shariah (legge). Non è permesso diffondere falsità o divulgare ciò che implica l' incoraggiamento al sacrilegio e l'abbandono della comunità islamica." In altre parole, puoi dire ciò che vuoi, fintanto che è esattamente quello che i mullah più radicali ti dicono di dire. La dichiarazione mette nero su bianco che non esiste parità con donne, gay, non-mussulmani o apostati. E' stata appoggiata dal Vaticano e un gruppo di fondamentalisti cristiani [quelli che voglion difenderci da quegl'altri, per capirci, ndG].
Incredibilmente, stanno avendo successo. Il Relatore ONU sui Diritti Umani ha sempre avuto il compito di esporre e svergognare coloro che proibivano la libertà di espressione - religiosi inclusi. Ma il delegato pakistano ha recentemente preteso che la missione del relatore venga cambiata in modo da ricercare e condannare "abusi della libertà di espressione" [Ah! I famosi abusi della libertà, quale immonda piaga... ndG], compresa la "diffamazione delle religioni e dei profeti". Il consiglio ha approvato - e la missione è stata capovolta. Invece di condannare coloro che tentarono di assassinare Salman Rushdie, condanneranno lo stesso Salman Rushdie.
Ogni cosa che può essere definita "religiosa" non può essere più soggetto di discussione all'ONU - e quasi qualsiasi cosa può essere definita religiosa. Roy Brown della International Humanist and Ethical Union ha provato a sollevare questioni come la lapidazione delle donne accusate di adulterio o i matrimoni di bambine. Il delegato egiziano ha risposto annunciando che discussioni sulla shariah "non avranno luogo" e che "l'islam non verrà crocifisso [sic] in questo consiglio" - a Brown è stato imposto il silenzio.
Naturalmente la prima vittima del blocco della libertà di espressione sull'islam con la benedizione ONU è il mussulmano comune. Ecco un'infarinatura casuale di eventi che hanno avuto luogo nella scorsa settimana in paesi che hanno preteso questi cambiamenti. In Nigeria, le donne divorziate vengono regolarmente buttate fuori casa e abbandonate all'indigenza, senza la possibilità di vedere i propri figli, così che un gran numero di esse voleva manifestare in segno di protesta - solo che la polizia religiosa ha deciso che era "non-islamico" e le dimostranti sarebbero state picchiate e frustate. In Arabia Saudita, il più anziano dei chierici approvati dal governo ha dichiarato che è perfettamente accettabile per degli uomini anziani sposare bambine di dieci anni, e coloro che sono in disaccordo devono essere messi a tacere. In Egitto, un blogger 27enne mussulmano è stato arrestato, imprigionato e torturato per aver parlato di un islam riformato che non supporti la shariah.
A coloro che chiedono il rispetto per la cultura islamica io chiedo: quale cultura islamica? Quelle delle donne, delle bambine, quella dei blogger - o quella dei loro oppressori?
Austin Darcy che conduce una campagna per la secolarizzazione, pone la questione in questi termini: "L'obiettivo ultimo di questi sforzi non è quello di proteggere le sensibilità dei mussulmani, ma di proteggere quegli stai islamici illiberali da accuse di violazioni dei diritti umani, e di mettere a tacere le voci dei dissidenti che chiedono governi più laici e libertà." Quelli tra noi che sostengono l'ONU con più passione dovrebbero essere quelli più offesi da questo.
L'appoggio di queste "riforme" è una nozione che si sta infiltrando anche nelle società democratiche - che l'ateismo e il dubbio siano simili al razzismo. Oggi, quando una credenza religiosa viene criticata, i suoi adepti immediatamente denunciano di essere vittime di "pregiudizi" - ricordate Rick Warren che chiamava chi criticava la sua omofobia "cristofobico"? - e questo scandalo è sempre di più spalleggiato dalle leggi, ovunque nel mondo.
Tutte le persone meritano rispetto, non tutte le idee lo meritano. Io non rispetto l'idea che un uomo sia nato da una vergine, abbia camminato sull'acqua e sia risorto dalla morte. Non rispetto l'idea che dovremmo seguire un "profeta" che all'età di 53 anni ha avuto rapporti sessuali con una bambina di 9, e ha ordinato l'omicidio di un intero villaggio di ebrei perché non volevano seguirlo. Non rispetto l'idea che la "West Bank" sia stata donata da dio agli ebrei [o a re Hussein di Giordania... ndG] e che i palestinesi debbano essere bombardati o svillaneggiati affinché la cedano [neanche gli israeliani, magari... ndG]. Non ho rispetto dell'idea che potremmo aver vissuto tante vite prima, come capre, e che potremmo rinascere come pulci. Questo non è per "pregiudizio" o "ignoranza", ma perché non ci sono prove di queste asserzioni. Appartengono all'infanzia della nostra specie, e con il tempo ci appariranno ridicole tanto quanto la venerazione per Zeus, Thor o Baal.
Quando pretendete "rispetto", pretendete che noi si menta a voi. Ho troppo rispetto autentico per voi come esseri umani per far parte di questa farsa.
Ma perché le sensibilità religiose sono quelle che più probabilmente provocano pretese di censura rispetto alle, per dirne una, sensibilità politiche? La risposta è nella natura della fede. Se il mio punto di vista viene messo in discussione, io posso comunque metterlo a confronto con la realtà. Se togliamo le regole ai mercati, collasseranno? Se aumentiamo le emissioni di anidride carbonica, il clima verrà destabilizzato? Se le mie convinzioni sono sbagliate, posso correggerle; se sono giuste, mi sentirò lusingato.
Ma quando i religiosi vengono sfidati, non c'è prova che essi possano consultare. Per definizione, se avete fede, state scegliendo di credere in assenza di prove. Nessuno ha "fede" che il fuoco scotti o che l'Australia esista; lo sanno, basandosi su prove. Ma è psicologicamente doloroso confrontarsi con il fatto che ciò in cui credi più profondamente è basato su aria sottile, o sui gusci vuoti di una rivelazione o ancora contorte parodie della ragione. E' più facile pretendere che la fonte di questi dubbi scoccianti venga messa a tacere.
Ma una società libera non è fatta per blandire il credente duro e puro. Essa è basata su di un accordo. Tu hai un diritto assoluto di dar voce ai tuoi convincimenti - ma il prezzo è che anche io ho il diritto di rispondere come preferisco. Nessuno dei due può mettere da parte le regole e pretendere di essere difeso dall'oltraggio.
Eppure quest'idea - che sta nel cuore della Dichiarazione Universale - sta andando perduta. A destra viene massacrata dagli apologeti della censura religiosa; a sinistra si dissolve nel multiculturalismo. Il dirottamento del Relatore Speciale dell'ONU da parte di fanatici religiosi dovrebbe scuoterci e spingerci a recuperare la semplice, strapazzata idea che va dissolvendosi nel mezzo: il paritario, indivisibile diritto dell'essere umano ad esprimersi liberamente."

Johann Hari scrive per l'"Independent". Per leggere altri suoi articoli, qui e qui.