martedì 7 maggio 2013

Due o tre cose sullo "Ius Soli"

Lo Ius Soli, gettato sulla ribalta mediatica in questi giorni in conseguenza delle dichiarazioni del ministro Kyenge e di alcuni esponenti politici, è un principio tanto particolare quanto recente.

Non è la Val Brembana


Contrariamente ad una certa vulgata popolare/ideologica non c'è quindi in un fantomatico "resto d'Europa" o "resto del Mondo" ad applicarlo.
Tutt'altro: se guardiamo alla mappa dello Ius Soli, scopriamo che l'applicazione del principio è rara e geograficamente localizzata. I paesi che lo applicano sono praticamente quasi tutti quelli del cosiddetto "nuovo mondo" e se guardiamo alla storia di questo diritto è possibile capirne anche il perché.
La diffusione dello Ius Soli si ha a partire dalla fine del XVIII secolo, in concomitanza con le rivoluzioni americana e francese e il conseguente effetto domino di rivoluzioni e indipendenze nel continente americano. Messico, Rio de la Plata, Brasile, Cile, Louisiana, Oklahoma, Oregon... Tutti territori sterminati sotto o per nulla popolati ricchi di risorse ma poveri di forza lavoro, di popolazione e quindi di commercio e controllo. Ecco quindi la bacchetta magica dello Ius Soli: chiunque nasca sul territorio X diventa automaticamente cittadino. E siccome un neonato non è autonomo, ecco che la cittadinanza (o forme diverse ma equivalenti) vengono estese anche alla famiglia.

lunedì 6 maggio 2013

La civiltà giuridica italiana


Del caso Kercher una tra le diverse cose che a me è rimasta impressa è quella frase pronunciata dal Pm Manuela Comodi durante la requisitoria del processo di appello:

"Meritano il massimo della pena che per fortuna nell’ordinamento italiano non è quella di morte".

Davvero?





Si, è vero il nostro ordinamento non prevede la pena di morte. De jure.
Ma de facto? Non è una questione di lana caprina, se andiamo a vedere i numeri (che sono facilmente reperibili in rete).
Al 31 dicembre 2011 erano detenute nelle carceri italiane 66.897 persone, il 42,4% dei quali (dati del 2010) erano in attesa di giudizio. Vale a dire che, secondo Costituzione, sono non colpevoli fino a sentenza definitiva (art. 27 Cost, comma 2).
Tra il 2000 e questa prima parte del 2013 i numeri (sempre quelli) ci parlano di 2150 (duemilacentocinquanta) morti, di cui 771 (settecentosettantuno) suicidi.
Azzardando un calcolo statistico facile-facile verrebbe fuori che il carcere è costato la vita a circa 910 detenuti in attesa di giudizio (ergo, non colpevoli fino a sentenza definitiva).
Se non è pena di morte questa...

Com'era quella della "superiore civiltà giuridica italiana"?