lunedì 6 maggio 2013

La civiltà giuridica italiana


Del caso Kercher una tra le diverse cose che a me è rimasta impressa è quella frase pronunciata dal Pm Manuela Comodi durante la requisitoria del processo di appello:

"Meritano il massimo della pena che per fortuna nell’ordinamento italiano non è quella di morte".

Davvero?





Si, è vero il nostro ordinamento non prevede la pena di morte. De jure.
Ma de facto? Non è una questione di lana caprina, se andiamo a vedere i numeri (che sono facilmente reperibili in rete).
Al 31 dicembre 2011 erano detenute nelle carceri italiane 66.897 persone, il 42,4% dei quali (dati del 2010) erano in attesa di giudizio. Vale a dire che, secondo Costituzione, sono non colpevoli fino a sentenza definitiva (art. 27 Cost, comma 2).
Tra il 2000 e questa prima parte del 2013 i numeri (sempre quelli) ci parlano di 2150 (duemilacentocinquanta) morti, di cui 771 (settecentosettantuno) suicidi.
Azzardando un calcolo statistico facile-facile verrebbe fuori che il carcere è costato la vita a circa 910 detenuti in attesa di giudizio (ergo, non colpevoli fino a sentenza definitiva).
Se non è pena di morte questa...

Com'era quella della "superiore civiltà giuridica italiana"?




2 commenti:

Anonimo ha detto...

MA quale superiore civiltà giuridica!
La così-detta "giustizia italiana" è una robaccia che neppure nel terzo mondo hanno

Fabio ha detto...

Be' dai, non da terzo mondo... ma nemmeno da paese che si presenta come civile e moderno.